La McMusa

22 mar 20193 min

Se la strada potesse parlare: libro vs film

Questo è un articolo doppio, e in un doppio tempo è stato scritto. Inizialmente la recensione del libro, letto in breve tempo e prima dell’uscita del film. In un secondo momento, appunto, un commento sul film, a caldo, qualche settimana più tardi. Li lascio comunicare fra loro senza aggiungere altro, il rapporto delle parole con le parole non è forse il tema profondo di questa storia, sin dal titolo? E aggiungo: quando non sono le parole a venirci incontro, forse può farlo la musica: ho avuto l’onore e il piacere di collaborare alla creazione della colonna sonora di questo libro, ideata da Irene Canino e disponibile da ascoltare qui

Non avevo mai letto James Baldwin, nonostante sia uno degli scrittori più importanti della letteratura nordamericana contemporanea. Non l’avevo letto perché ogni autore arriva a suo tempo, secondo me, e il suo tempo per me è stato questo: uno dei tanti giorni bui in cui l’America ha smesso di credere nell’amore e ha iniziato a condannare chi lo fa. Soprattutto se questi è nero. Oggi come ieri. La storia, infatti, è vecchia e si ripete negli anni, da troppi anni in troppi luoghi diversi. In questo caso prende le mosse da una strada di New York, quella del titolo, quelle di Harlem o del Village, quella dove un ragazzo di colore viene ingiustamente accusato di stupro e incarcerato. Dimostrare la sua innocenza, avere un processo equo e arrivare a scarcerarlo diventa la ragione di vita di molte delle persone a lui care nonché – ed è questa la parte più interessante, a mio avviso – la spinta propulsiva di un romanzo che non vedi l’ora che finisca. Non tanto perché speri che nelle ultime pagine lui venga scarcerato o perché, al contrario, tu lettore detective voglia scoprire in fretta la verità. Non vedi l’ora che il libro finisca perché, in qualche modo, quella storia la sai già e sai, semplicemente, che non potrà finire come vorresti. L’ingiustizia è una materia che si perpetra senza soluzione di continuità in alcune strade d’America, in alcune prigioni, in alcuni tribunali: la speranza, l’amore, la verità sembrano non bastare mai dentro certe storie, contro certi muri. E dire che in questa ce n’è così tanto di amore! Un amore che prende forme stupefacenti – di coppia, fraterno, genitoriale, amichevole, umano, anche l’amore dell’autore per i suoi personaggi. Un amore che fa nascere ritratti indimenticabili – uno su tutti, per me: Ernestine, la sorella della protagonista, una vera ragazza del ghetto, generosa e incazzata, pronta a uccidere per proteggere chi ama. Un amore che passa dal legno e dalla pietra e che, se non potrà prendere le fattezze di una meravigliosa scultura, potrà comunque trovare vita nel ventre di Tish (quel bambino è la vera speranza) o nella determinazione di sua madre Sharon (le donne di questo libro, magnifiche!) o nel sogno dei padri, che arrivano a rubare perché non siano i loro figli a doverlo fare. Un amore, infine, che è quello che la scrittura restituisce ai suoi lettori: ho sottolineato così tante frasi tra queste pagine che è come se avessi scoperto alcune sfumature della nostra vita emotiva solo ora. Ecco, ad esempio:

Credo che non succeda troppo spesso che due persone possono ridere e anche fare l’amore, fare l’amore perché ridono, ridere perché stanno facendo l’amore. L’amore e il riso provengono dallo stesso luogo: solo che in pochi ci vanno.

FILM

C’è questo rischio altissimo nei film d’amore: raccontare quell’amore mostrandone i dettagli che nella vita vera restano seminascosti. O abbozzati. O almeno incerti. Sguardi, sospiri, carezze, silenzi, lacrime, attese, sorrisi, vuoti, batticuori, orgasmi. Il film Se la strada potesse parlare diretto da Barry Jenkins questo rischio lo sottovaluta e, come se rendere esplicito quello che dovrebbe restare solo abbozzato non fosse già abbastanza, invade ogni dettaglio di una luce ocra soffocante, nelle scene d’interno tanto quanto in alcune d’esterno. I personaggi sembrano tutti Barbie e Ken, solo che neri. I dialoghi, una conseguenza. Ho interrotto la visione molto prima del finale. Per me l’amore è un’altra cosa. Anche al cinema.

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