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Book Riders, ce l’avete una penna?
Li guardo tutti e nove come se non li avessi mai visti prima, li guardo e vedo lì davanti a me – senza macchie di colore né inchiostro all’inizio, come in un quadro bianco ancora da riempire – un’altra cartolina: mossa, chiassosa e imprendibile, è la foto di gruppo l’ultimo giorno di viaggio. Loro entrano nel quadro ad uno ad uno: la sfilata inconsapevole e spontanea di chi trasforma il bianco in colore. Lo zio Pino entra per primo, gli spetta di diritto perché sulla carta c’è scritto che è il più anziano, solo che dove ti aspetti saggezza e moderazione va a finire che alla fine trovi barzellette, battute e un’ossessione incontrollabile per le password. Neanche mi dice che non ce l’ha la penna, è al desk del motel che sporge iPhone e iPad oltre il bancone della reception perché qualcuno riesca a connetterlo con il resto del mondo. Vale lo guarda da dietro spazientita, mi dice “Te la do io la penna!”, cerca nella borsa perché di solito lei ha sempre tutto, ma questa volta non la trova. Strano, penso, se in un viaggio c’è una maghetta che sa rendere ancora più speciale ogni cosa lei è la nostra, forse la penna non la trova perché ieri pomeriggio l’ha usata per scrivere sul pulmino l’elenco dei disagi della quarta fila: non si vede niente, non si sente niente, nessuno ci caga. Nella quarta fila del pulmino ci stanno lei, Isa e Franci: Isa, che quando la dolcezza se ne sta rintanata per tanto tempo poi rischia di esplodere in un’energia solare e contagiosa, in realtà se la ride ed è talmente contenta per tutto quanto che a lei della quarta fila non è che gliene freghi poi molto; Franci sembra sfuggente, non dice nulla, troppo concentrata dietro l’occhio vigile della sua telecamera, solo per mostrarti – in realtà – quanto ti sbagli a pensarla timida: alcune persone ti insegnano che non è solo con la voce che si comunica, spesso basta girarsi per trovarla oppure, semplicemente, guardarla sorridere. Fatto sta che oggi neanche lei ce l’ha la penna e io inizio a spazientirmi. “Dovresti avercela tu la penna, sei tu quella che scrive e legge, no?” Alice conferma il teorema delle rosse che sorprendono sempre: quando si interrompono i silenzi è perché c’è da dire qualcosa di sensato per davvero. Mi piace quando qualcuno mi riprende, soprattutto se coglie nel segno e si finisce per notarsi a vicenda molto più di prima. Siamo ancora in questa scassata reception di motel, nessuno si muove, guardo Ely e Rossana: “Voi ce l’avete una penna?” Rox, la bionda dal cuore tenero, lo sguardo pepato e la battuta sempre pronta mi chiede seriamente se voglio un drink; Ely, che quando non ha gli occhi pieni di meraviglia ha la pancia piena di risate, continua a fissare fuori dalla finestra in estasi il motel color giallo pastello. Io lo so che non sono matte per davvero, solo che ogni tanto mi viene ancora da chiedermelo. Vado verso di loro, mi siedo e mi abbracciano. A un certo punto arriva Andrea: avete presente quello che nel gruppo fa morir dal ridere e tu per questo lo ami? Lui. Mi viene vicino come per dirmi qualcosa di molto grave appena accaduto e mi fa: “Hai mai pensato di fare dei progetti qui negli USA, delle cose spot, magari con della gente del posto, cose brevi che le puoi chiamare, che ne so, la McMusa&Getta?” Per un attimo avevo pensato fosse serio. Ridiamo tutti. Tantissimo. Fede allora, che altro non aspetta se non catturare i nostri momenti più belli nel suo obiettivo, ci chiede di ridere ancora, di dargliela tutta la nostra allegria, così che resti bene impressa e nessuno possa dimenticarsela mai. Solo che nel frattempo sta ridendo anche lui come un matto e alla fine finisce che scatta, scatta e la foto non viene.
Non è ancora accaduto a distanza di un mese che qualcuno si sia dimenticato di quella foto mai venuta. Probabilmente non accadrà mai.
La penna non c’è bisogno di trovarla, la cartolina era questa qui.
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Nelle foto, dall’alto verso il basso: il furgone dei Book Riders, Franci, Isa, Vale, io, Rox, zio Pino, Ely, Fede nel fagiolo di Chicago, Andrea, Alice. Saluti e baci dall’Illinois 🙂
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