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Verde apocalisse, verde donna | L’annientamento di Jeff VanderMeer

Eravamo in quattro: una biologa, un’antropologa, una topografa e una psicologa. Io ero la biologa.

Nella prima pagina di Annientamento, il primo libro della Trilogia dell’Area X di Jeff VanderMeer – caso editoriale di enorme successo in America nel 2014 e sulla buona strada anche qui in Italia vista la cura che la casa editrice Einaudi sta dedicando all’intera opera, dall’acquisto dei diritti mesi e mesi fa, all’elaborazione delle cover insieme all’illustratore Lorenzo Ceccotti, al lancio promozionale di ieri, martedì 17 marzo 2015 – nella prima pagina, dicevo, di questo romanzo, c’è un elenco – piuttosto essenziale – di quattro donne. Quattro professioniste senza nome proprio né corpo che possa (de)limitarle, loro sono le protagoniste del romanzo al suo iniziare, sono l’avanscoperta della storia al suo partire: loro sono la dodicesima spedizione nell’Area X, le prime che vi entrano dopo due anni di ruggine, gusci di civiltà in rovina, deserto umano; le prime ad essere vive quando noi lettori le incontriamo.

Loro sono – lo riconosciamo quando già sappiamo essere troppo tardi – il nostro occhio oltre il confine.

Nella prima pagina di Annientamento, di nuovo, dopo un primo paragrafo che descrive una torre che c’era e invece non doveva esserci, una palude i canneti gli alberi contorti la pianure salmastre che sono nere ma tu già le percepisci verdi, una zona disabitata da decenni di nome Area X che è disabitata per motivi che in un paragrafo è inutile persino accennare, un paesaggio imperturbato che in realtà grida apocalisse e morte, dopo un primo paragrafo così c’è un elenco – piuttosto essenziale, lo ripeto – di quattro donne. Quattro donne che erano.

Eravamo in quattro: una biologa, un’antropologa, una topografa e una psicologa. Io ero la biologa.

Io ero la biologa.

Ok, ma se prima eri la biologa, adesso che racconti cosa sei?

Io ero la biologa, io sono la donna verde.


annientamento vandermeer

Quante altre volte nella nostra vita di lettori un ero, anche se perfettamente concordante con tutti gli altri tempi verbali della pagina, ha avuto su di noi una potenza tanto devastante? Quante altre volte nella nostra vita di lettori un ero, anche se perfettamente concordante con tutti gli altri tempi verbali della pagina e – aggiungo – posto praticamente in incipit, ci ha fatto desiderare di chiudere già il libro e guardare, semplicemente ipnotizzati e terrorizzati, quella donna verde fluo della cover che era stata, quella donna verde fluo della cover che era la biologa prima che l’apocalisse rigogliosa le si avvolgesse attorno fino a farla diventare qualcos’altro?

Io adesso sono la donna verde, ci dice quell’ero. E l’Area X è dove ho smesso di essere.


AreaXTheSouthernReach2

Una storia nata da un sogno non poteva iniziare, forse, molto diversamente.

Come ci ha raccontato dal vivo l’autore durante una piacevole videochiacchierata nella sede einaudiana di via Biancamano a Torino e come racconta anche in questo splendido articolo di The Atlantic (occhio agli spoiler), una notte di sogni oscuri Jeff VanderMeer scese i gradini di una spirale immersa nel terreno, di una torre rovesciata e sepolta sotto terra e vide sulle sue pareti scritte viventi e microfloreali che raccontavano una storia inintelligibile mentre una misteriosa energia proveniva dal fondo. Un’energia che rendeva quelle scritte sempre più luminose ma, soprattutto, un’energia che continuava a creare e incidere parole: una cosa che scriveva sulle pareti parole fatte di minuscoli funghi di materia vivente man mano che scendeva lungo una spirale di direzione tellurica.

Da questa ispirazione inconscia, unita in un secondo momento alla disciplina del mestiere e alla fiducia nella propria immaginazione (parole dell’autore, queste ultime, che mi sono rimaste molto impresse: avere fiducia nelle proprie intuizioni, nella propria visione immaginaria. Bello, no?), è nata la Southern Reach Trilogy (titolo originale americano), ovvero il racconto di una porzione di terra locata nell’America del Sud dove da alcuni decenni le leggi della natura per come le ha sempre conosciute (e probabilmente manipolate) l’uomo sono cambiate e adesso governa un apparente caos che una non meglio identificata agenzia governativa, la Southern Reach appunto, vuole indagare. Attraverso delle spedizioni. La maggior parte delle quali fallimentari, finché nell’Area X non arriva la biologa.

La scoperta dell’ignoto e il confronto con i suoi elementi è, a grandi linee, il tema di Annientamento. Nel secondo libro (Autorità, in uscita a maggio 2015) e nel terzo (Accettazione, in uscita a settembre 2015), VanderMeer racconta invece – in un affascinante gioco di spazi temporali di cui per ora ho solo sentito vociferare – dell’agenzia, dei suoi meccanismi e dello svelamento dei rapporti tra l’Area X e il resto del mondo.


Southern Reach Trilogy alternative covers

Matthew Revert, illustratore, scrittore e fan della Trilogia, ha disegnato delle cover alternative bellissime e retrò.


Per cominciare, tuttavia, l’autore ha scelto una donna verde senza nome.

Ha scelto uno Scriba che compone scrittura vivente, lucente e – chissà – morente; ha ripreso l’idea stessa della scrittura e l’ha unita a quella dell’identità in una forma, quella del diario, che si fa detonare in uno dei momenti più allucinanti di tutto il libro, quando insieme alla torre che non doveva esserci compare un faro che invece c’è perché sembra contenere l’essenziale; ha scelto una selvaggità, una wilderness – tema caro alla tradizione letteraria americana, così come la frontiera, il controllo politico e la paranoia, altrettanto presenti nel libro – in cui delfini dall’occhio umano nuotano nell’acqua dolce mentre l’ipnosi governa le relazioni umane e laggiù da qualche parte, forse vicino all’oceano o sull’isola, si trova un confine, un border, che per ora nessuno sa che forma abbia. Neanche chi l’ha già oltrepassato.

Neanche la donna verde senza nome.

Se a qualcuno di voi risuona nella testa Lost o Lovecraft o Philip Dick o Ray Bradbury o Dante, sappiate che tutto questo bagaglio ha senso solo se siete disposti a farvi contagiare e poi ad abbandonarlo. Come per la biologa: dove la tua intenzione è senza nome, dove il tuo futuro è quello da cui tutto inizia – il titolo del libro, l’annientamento – non puoi fare altro che studiare le parole, farti da loro contagiare e seguirle finché sono presenti sul cammino.

Che siano quelle perturbanti dello Scriba, quelle di un diario inaffidabile o quelle ipnotiche dell’autore, come sempre si dice qui alla fine di tutto, buona lettura.

 

Jeff VanderMeer, Annientamento, Einaudi 2015, pp. 186. Traduzione di Cristiana Mennella.

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