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Hotel Letteratura

Quando Truman Capote fu invitato, in una delle ultime interviste della sua vita, a ripercorrere i luoghi della sua New Orleans dichiarò in apertura che quella passeggiata non sarebbe cominciata dal luogo che tutti avrebbero indicato come il primo e il più importante ma che, al contrario, quel luogo sarebbe stato probabilmente del tutto evitato. Nell’ultimo film a lui dedicato, Truman Capote di Bennett Miller, lo straordinario Philip Seymour Hoffman – nei panni ovviamente di Truman – racconta il perché. Un perché che ricorre anche nelle sue biografie, in altre interviste e qua e là nella sua opera, più o meno sempre con le stesse parole: quando era un piccolo bambino di soli 2-3 anni, sua madre – giovane bellezza del South, avida di mondanità e attenzioni maschili – usciva per le strade della sensuale New Orleans lasciandolo dietro di sé, chiuso in una stanza. Non vivevano in una casa bensì in un albergo. Non arrivava il padre in suo aiuto bensì i camerieri di quell’albergo: lo sentivano piangere così forte dietro la porta della camera che spesso erano mossi a compassione, gli aprivano e lo prendevano con sé.


Truman e sua madre vissero a New Orleans il tempo necessario affinché lei si accorgesse di non desiderare la sua vita di madre e moglie: all’età di 4 anni il piccolo fu affidato alle cure delle zie dell’Alabama, lei partì per New York e quell’albergo fu temporaneamente abbandonato. Temporaneamente, sì. Perché quando Truman fu grande abbastanza da decidere di iniziare a scrivere il primo posto che lo chiamò a sé fu New Orleans e il primo posto di New Orleans in cui si ritrovò a condividere le sue idee di scrittura e le sue serate alcoliche fu proprio il bar di quell’albergo. Un bar carnevalesco e girevole, un bar che aveva già attirato a sé altri giovani scrittori, scrittori che si apprestavano a cambiare per sempre la letteratura americana.


Loro erano William Faulkner, Ernest Hemingway, Eudora Welty, Tennessee Williams. Lui, il bar, era ed è ancora oggi il carousel bar. Lui, l’hotel, era ed è ancora oggi l’Hotel Monteleone.



Carousel Bar

Il carousel bar fotografato da Elena Datrino


Capitale americana di una certa libertà espressiva e incrocio di eccessi culturali provenienti da mezzo mondo, rintracciare in New Orleans un’ispirazione è quanto meno scontato. Ed entrare in questo hotel lo dimostra: gioco, maschere, alcol, tradizione (anche italiana, ovviamente: Antonio Monteleone, il fondatore, era siciliano), turismo, denaro, letteratura, specchi, musica, luci, chiacchiere, spezie, profumi, marmi, fiori, sculture, sapori… come si può stare lontani da tanto abbondare di vita? Non è possibile: né per chi scrive, né per chi legge. L’hanno ben capito i gestori dell’hotel, che hanno trasformato queste storie – quelle vere e quelle che sono state scritte sulla città – in un vero e proprio tesoro. Disseminate in tutta la hall dell’albergo ci sono diverse teche contenenti opere prime, vecchie e nuove edizioni degli scrittori che hanno fatto dell’Hotel Monteleone la propria casa, oggetti personali, premi e fotografie della città ai loro tempi.


Più su, raggiungibili con ascensori dorati e dietro vecchie porte bianche, ci sono le suite, una per ognuno di questi scrittori, arredate con mobili e oggetti originali dell’epoca. Non sono solo omaggi, sono vere e proprie testimonianze: erano le stanze in cui alloggiavano quando stavano in città. Il video le mostra chiaramente (dal minuto 2′) ma, nel caso non vi bastasse, potete prenotarle per dormirvi oppure potete approfittare dell’intraprendenza di un’amica – in questo caso la Book Rider Valeria – e chiedere a qualcuno del personale dell’hotel se ve ne fa visitare una. Noi siamo entrate in quella di Eudora Welty, l’abbiamo girata e osservata con tutta calma (si vede nelle mie storie di Instagram). È stato emozionante ma confesso che una parte di me, quella che non riesce a staccarsi da un certo tipo di tenerezza, avrebbe voluto varcare la soglia della stanza di Truman e stringere la sua immagine di bambino in lacrime.


Magari la prossima volta, magari in un altro giro di giostra. New Orleans danza sulle acque ma non affoga mai, resta sempre lì dove nascono nuove storie.


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