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#lovingNYC | Mare

Salivo le scale strettissime di questa casa, qualche giorno fa, maneggiando una valigia rossa pesante e una persona – la mia – instabile e anch’essa pesante per l’aereo la dogana la metro metro metro and then five blocks on your right, salivo le scale strettissime di questa casa, qualche giorno fa, e qualcuno, intanto, apriva una porta. Non la mia porta, la sua, un piano e una quindicina di incredibili gradini sotto. Era un signore alto, robusto e un po’ nodoso. Un signore con alcuni capelli bianchi, non molti, che non sapeva chi io fossi e neanche sospettava che io invece sapessi chi era lui.

“You must be Bob,” dicevo. Lui allungava la mano e sorrideva aperto. “And you are?”

Pochi si ricordano che New York è una città di mare. Pochi sono quelli che vanno fare il bagno a Coney Island, a Long Island, spero che nessuno lo faccia a Staten Island. Pochi contano i moli invece che i grattacieli, ancora meno – probabilmente pochissimi – ricordano quel tempo, a metà del secolo scorso e un po’ oltre e molto indietro, in cui New York vantava uno dei porti più importanti del paese, uno dei porti più grandi e peggio frequentati alle porte del Nuovo Mondo. Una manciata, in ultimo, vive questa città come se quel porto fosse ancora attivo, come se quel porto e questa città fossero ancora in attesa degli ultimi pirati, degli ultimi corsari dal Vecchio Mondo e la loro vendetta contro la modernità.

Quella manciata vive tutta a Red Hook, Brooklyn. Quella manciata è a sua volta una banda di pirati e – come avrete capito – Bob è uno di loro.

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Bob è il padrone della casa dove alloggio in questi giorni ed è una creatura di mare. L’avevo incontrato in un libro che questa casa conosce bene e oggi me lo ritrovo con una mano nella mia ad ascoltare le mie stanche parole di presentazione e a ripetere il mio nome. “Marta, tu sei Marta.” Parla italiano, il mio nome gli piace. Mi scorta su per gli incredibili quindici gradini che separano il suo piano dal mio, mi mostra la casa, mi chiede se ho bisogno di qualcosa, mi dice che sta per partire per il New Jersey perché d’estate è meglio la campagna e poi fa quella cosa scontrosa e dolce insieme, fuggiasca e nobile insieme che è il saluto del solitario, la porta della cabina del comandante che si chiude velocemente sottocoperta. Chiamami se hai bisogno, e quel leggero filo d’aria dietro il suo scomparire.

Red Hook è un quartiere bellissimo: umido, calcareo, post-industriale, salvato dalla decadenza in nome della decadenza. I vecchi docks troneggiano, alcuni intatti e marmorei, altri più malmessi e invecchiati. Le gigantesche gru, alcune chiatte, i moli e le banchine sono immobili, custodi risparmiati dal tempo eppure fuori sia dal tempo che li ha graziati sia da quello che potrebbe riscattarli: i moli sono chiusi, le gru sono monumenti, le chiatte sono case, le banchine giardini. I pirati sono in casa, all’orizzonte nessuno.

Joan e Jim gettarono l’ancora del loro amore su una sponda d’acqua che guarda verso ovest. Seduta in mezzo a loro, le mie spalle sulla loro targa che dice TO LOVE EVERLASTING, oggi leggo, e non scrivo. Leggo la storia di questo posto dal libro che ho preso a casa di Bob, leggo una parola che ho tatuato sul braccio non molti giorni fa, leggo le onde e i loro messaggi di futuro. Joan e Jim mi hanno chiamata in mezzo a loro perché davanti a loro c’è il mare e a me sembra che tutto, dalla panchina su cui sono seduta alla terra che si fa guardare oltre le onde, dal libro al mio stesso corpo, mi racconti la stessa storia: questo posto è speciale perché è l’unico al mondo da cui puoi guardare in faccia la libertà.

Smetto di leggere ogni minuto solo per alzare gli occhi e ricordarmi che è vero.

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