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Gli articoli americani di febbraio 2019

Avevo bisogno di una pausa dalla letteratura americana, in questo mese, e infatti ho letto altre letterature. Avevo bisogno di una pausa dalla letteratura americana, in questo mese, che però non ha fatto altro che amplificare la mia voglia di leggere America.

In forma di articolo o approfondimento o saggio, tuttavia. I libri veri e propri riprendono a marzo.

La breve selezione giornalistica di febbraio, dunque, ci porta da un lato all’altro degli States raccontandoci divisioni, immersioni, grandi ideali, profondi cambiamenti, ricerche della felicità e qualche piccolo stratagemma da milioni di dollari. Anzi, qualche truffa vera e propria.

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Foto di Darren Deloach.


  1. Partiamo da quella, allora: la truffa letteraria, quella di cui si è reso colpevole uno scrittore di nome Dan Mallory il quale ha scritto un memoir (dunque non fiction) inventandosi quasi tutto (dunque scrivendo di fatto fiction). E cosa, esattamente, si è inventato? Disgrazie, tragedie, sfighe. Fanno vendere di più.

  2. A loro non sarebbero mancate le imprese da raccontare, invece! Loro che sfidano giganti, barriere e limiti umani; loro che oltre alla natura hanno dovuto vedersela per anni anche con la bestia umana, la discriminazione. Loro che sono le donne del surf: donne eroine, donne che combattono per i nostri diritti solcando bestioni d’acqua, donne che raccontano storie senza trucchi.

  3. Sempre a proposito di trucchi e stratagemmi.. lo sapete che Instagram ha cambiato il modo di concepire le copertine dei libri? Adesso nelle case editrici le si disegna e le si progetta in modo che il loro messaggio si sveli con maggiore efficacia nel feed di un utente social e non negli occhi di un lettore in libreria.

  4. È possibile che a Los Angeles ne facciano un culto. Di Instagram, della disintossicazione da Instagram, di tutto e del contrario di tutto. Soprattutto se questo qualcosa ha a che fare con il benessere e l’immagine di sé. Il lungo e profondo reportage di Rosecrans Baldwin svela l’anima di una città che sembra aver perso il contatto con la realtà a favore di tante piccole microrealtà, tante piccole comunità che osannano un bene irraggiungibile.

  5. Se volessimo allargare il discorso al bene più grande su cui si fonda l’America (come nazione ma soprattutto come idea) – la libertà, freedom – dove dovremmo andarla a cercare oggi? Magari qui.

  6. Oppure in un libro, in un reportage che racconta cosa significa stare da un lato o dall’altro della libertà quando la libertà è un confine. È arrivato in Italia (per minimum fax) il libro di Francisco Cantù, Solo un fiume a separarci. Il suo traduttore, Fabrizio Coppola, ne scrive una presentazione che vale il libro stesso.

  7. Se per molte persone bisognose il sogno americano è un semplice sogno di pace e libertà per se stessi e per i propri cari, cosa ne è stato del vecchio American Dream? Quello che prometteva il successo in compenso del duro lavoro? Quello che fomentava il più potente degli individualismi in nome della sicurezza materiale e dei soldi? Beh, è vivo e vegeto ma sta cambiando. Sta cambiando fondamenta e orizzonti.

  8. Credo che una cosa del genere capiti anche quando si fa un discorso generazionale. Come sono le generazioni dei quarantenni oggi? Credono sempre nelle stesse cose? Seguono sempre gli stessi modelli? Questo articolo fotografico mi ha portato una ventata energia nuova.

  9. E anche quest’altro reportage fotografico, che invece sembra non avere nulla di nuovo ma in realtà racconta l’integrazione delle tradizioni, il superamento di alcune barriere in nome di una cultura che si chiama rodeo. Tenetevi forte!

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