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The Last Stop | Che fine hanno fatto le aree di ristoro degli Stati Uniti?

Finalmente, il Texas!

Lo scorso novembre ho avuto il piacere di assistere al Texas Book Festival di Austin, una festa della lettura dall’atmosfera tanto poco solenne quanto molto (davvero molto) comunitaria e rilassata. L’emozione enorme di vedere Don DeLillo e altri grandissimi è stata controbilanciata da un’altra emozione, questa più intima e curiosa: la sorpresa dei piccoli. Autori emergenti o sconosciuti, storie straordinarie.

In particolare, di queste sorprese ne ricordo due. Una spero di raccontarvela al corso sul Texas letterario o in giro per Marfa quando porterò i Book Riders. L’altra è questa: una ragazza viaggia in lungo e in largo per l’America intera e ci racconta attraverso i suoi scatti un pezzo di vita on the road che oggi sta scomparendo. Le aree di ristoro. Lei si chiama Ryann FordThe Last Stop è il suo libro fotografico.

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Ogni volta che attraverso gli Stati Uniti e vedo un’area di ristoro noto che in nessuna di queste c’è qualcuno che, effettivamente, si ristora. Sono vuote e se ne stanno lì, sul ciglio della strada, completamente sole. Che cos’è un’area di ristoro oggi?

Sì, le tue osservazioni sono corrette. Le aree di ristoro stanno letteralmente svanendo dal panorama americano, davanti ai nostri occhi. In tutto il paese le aree di ristoro stanno perdendo la battaglia contro le alternative più commerciali: drive-thru a ogni uscita, strutture giganti che offrono a chi viaggia autolavaggi, wi-fi, panini grigliati e bibite alla spina a prova di esplosione della vescica. In molti stati sono pronte per essere smantellate, la loro manutenzione è schiacciata dai budget ristretti per le highway. Queste aree di ristoro o aree pic-nic sono state dimenticate, obliterate dall’abbondanza delle nuove amenità da strada. Nonostante queste curiose aree contengano fascino, cultura, nostalgia per il passato e spesso panorami meravigliosi, non riescono a competere con quello che offrono le nuove, scintillanti strutture dedicate ai viaggiatori. Inoltre, purtroppo queste aree pic-nic sono spesso etichettate negativamente: alcune infatti sono note perché attraggono fenomeni criminali come lo spaccio e la prostituzione. I viaggiatori si preoccupano per la propria sicurezza in queste zone e questo contribuisce senz’altro alla loro scarsa frequentazione.

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Di che cosa tratta questo libro, per davvero?

The Last Stop vuole fare qualcosa di più che catturare il meraviglioso design di queste aree di servizio. Vuole preservare un momento nel tempo che sta scomparendo a tutta velocità, un periodo unico dell’esperienza di viaggio americana quando il viaggio stesso era importante, tanto quanto la destinazione. È chiaro che queste modeste strutture fecero molto di più che offrire tavoli da pic-nic: diedero forma all’esperienza collettiva dell’età dell’oro dei viaggi in macchina per le strade degli Stati Uniti.

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Come sei riuscita a trovare tutte le aree pic-nic che ci sono nel libro? Come le hai scelte?

Quando ho cominciato – e avevo un sabato libero o giù di lì – prendevo semplicemente una mappa e mi mettevo alla ricerca. La mappa aveva un’icona che segnalava dove erano teoricamente dislocate le aree di ristoro e le aree pic-nic; mi sono però accorta, anche dopo averne comprata una nuova, che tutte le mappe erano inaffidabili: arrivavo a destinazione e la metà delle volte l’area non c’era più. Dopo aver fotografato tutte quelle vicino a Austin (Texas), ho deciso che era tempo di affrontare il vero viaggio on the road.

Da quando mi sono resa conto che tutte le mappe sono inaffidabili ho iniziato a usare Google Immagini, con lo scopo di trovare scatti delle aree di ristoro in giro per il paese fatti da persone vere. Quando ne trovavo una che sembrava davvero unica o particolare, facevo una piccola ricerca e mi organizzavo per andarci. Normalmente pianificavo un viaggio di un weekend verso alcune delle più grandi che scovavo online, poi nel tragitto finivo per trovarne molte di più. Siccome nessuna delle aree assomiglia ad un’altra, le aspettative su come sarebbe stata la successiva erano davvero folli. Alcune non erano per nulla fotogeniche, e allora me ne andavo. La maggior parte, però, era davvero particolare e ho fotografato la stragrande maggioranza delle aree pic-nic che ho incontrato sulla strada. È stato molto difficile arrivare a una selezione di 75 foto per il libro dalle oltre 400 che avevo scattato: 75 era il massimo che potevamo raggiungere, però. Ho cercato di includere, per quanto fosse possibile, un’area di ristoro per ogni stato, ma oltre questo, il curatore e io abbiamo cercato di selezionare le più idonee e affascinati per il libro.

Hai scelto un orario specifico della giornata per i tuoi scatti?

Una delle grandi sfide di questo progetto è che guidi per centinaia di miglia ogni giorno, magari ne trovi una a mezzogiorno e la luce è tremenda. In questi casi, se l’area era particolarmente bella e la volevo immortalare, aspettavamo una luce migliore; altre volte andavamo via. Abbiamo cercato di trascorrere una notte di fianco a un’area che volevo assolutamente fotografare, così che potessi farlo o all’alba o al tramonto. Il vero e proprio processo fotografico è piuttosto semplice, ed è una buona cosa considerato il tempo limitato on the road e tutta quella strada da percorrere ogni volta. Normalmente parcheggiavamo, io facevo un paio di inquadrature e saltavamo di nuovo in macchina. Per le aree più grandi ci fermavamo un pochino di più.

Credo che dietro ogni area di ristoro che hai fotografato ci sia una storia. Una storia che ogni persona immagina guardando la foto. C’è qualche aneddoto curioso che ci vuoi raccontare, un dietro le quinte particolare?

Stavamo andando verso Marfa, Texas. Avevamo trascorso qualche giorno con gli amici in occasione di Capodanno (2012). Vidi un’area di ristoro e decisi di accostare e fotografarla, avevo appena iniziato a lavorare al progetto The Last Stop.

Tirai fuori dall’auto l’attrezzatura e iniziai a montarla. Fotografo con una Mamiya RZ (una fotocamera con il mirino a pozzetto), quindi ero piegata, guardavo giù nella macchina fotografica, piuttosto inconsapevole di quello che mi accadeva intorno. Dopo aver messo a posto l’inquadratura, guardai su e vidi un truck con un rimorchio per cavalli che parcheggiava: sia il truck che il rimorchio erano completamente avvolti nei drappi della University of Texas. Ero piuttosto nuova del Texas a quei tempi, mi ero trasferita dalla California solo due anni prima o giù di lì. Risi tra me e me, pensando: “Devono essere fan sfegatati questi, ahah!” Mi dimenticai presto di loro e tornai a sistemare la mia inquadratura.

Mentre guardo giù nella macchina foto vedo un breve movimento e allora guardo di nuovo su. Lì, di fronte al mio obiettivo, c’erano due uomini che facevano passeggiare un longhorn intorno all’area di ristoro. Sì, avete letto bene: un longhorn, come quelli delle mandrie nei pascoli. Non potevo credere ai miei occhi, io e il mio amico ci guardammo sussurrando “ma che..” e poi tornammo a fissare quello che stava accadendo di fronte a noi.

Dopo circa 30 secondi che eravamo lì a fissare la scena a bocca aperta, il mio amico ebbe un’illuminazione. Io, invece, vagavo ancora nel buio. “Oh signore, ma quello è Bevo!”

“E chi è Bevo?”

“È la mascotte della University of Texas!”

“Davvero?” risposi.

Il mio amico allora fece due più due e realizzò che probabilmente stava tornando indietro dalla partita al Rose Bowl di Pasadena.

Allo stesso tempo ci rendemmo conto che dovevamo assolutamente trarre un qualche vantaggio da quella situazione incredibile e immortalare Bevo in una foto! Discutemmo un po’ su come avremmo potuto fare e, senza neanche rendermene conto, mi incamminai verso i due addestratori e verso questo animale dalle corna lunghe quanto una macchina, e le parole che mi uscirono di bocca furono: “Posso fare una fotografia alla vostra mucca?” Mi guardarono fissi, inebetiti dalla mia idiozia, e dopo qualche secondo d’imbarazzo borbottarono: “Ok.”

Così corsi a prendere la macchina foto, dissi loro velocemente di spostarsi un po’ di più sulla destra, e scattai. Poi, come se niente fosse, loro continuarono a camminare, caricarono Bevo sul rimorchio e se ne andarono.

Io e il mio amico ci guardammo e scoppiammo a ridere. Tutta quella scena era stata assurda!

Purtroppo qualche mese fa, più o meno nel periodo in cui avevamo finito di lavorare al libro, Bevo ha contratto la leucemia bovina ed è morto. Dopo aver sentito della sua morte abbiamo fatto alcuni cambiamenti al libro, spostando la sua foto alla fine, nell’ultima pagina, per ricordo. Averlo incontrato nel mezzo del West Texas, solo noi cinque insieme, è stata una delle esperienze più indimenticabili di questo progetto.

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Hai mai fatto un pic-nic on the road in Italia? 

Sfortunatamente no, non sono mai stata in Italia! Vorrei visitarla presto, e in quell’occasione di certo non mi farò mancare un pic-nic!

 

Tutte le foto inserite in questo articolo sono di Ryann Ford. Potete sfogliare The Last Stop e altri suoi progetti sul suo sito: www.ryannford.com. Nel caso voleste comprarlo c’è un intero sito dedicato solo al libro: www.thelaststopbook.com.

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