Ho iniziato il libro di Kurt Vonnegut sul treno da Torino a Roma. L’ho finito il giorno stesso su quello da Roma a Reggio Calabria. Non sono partita felice, quest’anno, ma per fortuna ho avuto l’accortezza di portare con me le istruzioni per diventarlo.
Provate a prendere questo libro e a metterlo su un tavolo: chiunque passi lo guarderà e sorriderà. Provate ad aprirlo e a leggere a chi vi sta di fronte una frase a caso: a chiunque verranno in mente fiori, stravaganze e musica. Provate, infine, a prendere un filtro mentale e a leggere l’intero volume lasciando su quel filtro tutte le cose brutte che vengono raccontate (la guerra in Vietnam, l’inquinamento, Bush, l’intolleranza e l’alienazione tecnologica): chiunque si accorgerà che non esiste felicità senza consapevolezza dell’infelicità. E che la positività costa una fatica boia ma è la cosa più umana che possiamo regalare a noi stessi.
Negli scorsi mesi si è parlato tanto di questo libro (la mia recensione preferita è quella di Licia Ambu su Rivista Inutile), ha avuto un successo importante. Uscito l’anno scorso in America e quest’anno in Italia per minimum fax, Quando siete felici fateci caso ha avuto un successo importante in virtù, secondo me, di un suo pregio potente e inconscio: obbligare il lettore, una volta aperto il libro, a mostrarsi fragile. Ovvero, farlo tornare nelle condizioni di chi lascia emergere la propria fragilità (anche se magari normalmente non lo fa) e accoglie i consigli per il futuro di chi in quel futuro ci è già stato: un imprevedibile saggio, un viaggiatore solitario, un folle visionario, un “vagabondo spaziale”.
Uno scrittore – e tutte quelle cose insieme – che risponde al nome di Kurt Vonnegut.
Lucido, romantico, umanista, il cammino verso la felicità che lui indica ai neolaureati a cui sono indirizzati i nove discorsi raccolti in questo volume è fatto principalmente di tre concetti: la comunità, l’ascolto del bello, la gentilezza. Più forte di tutti è il primo ed è quello che io metto in cima alla lista delle istruzioni adesso che posso farlo: state insieme, siate tanti, prendetevi cura l’uno dell’altro come foste una famiglia allargata. Anzi, smettete di stare solo in due perché alla lunga non basterete più l’uno all’altro e diventate tanti, accogliete gli altri e fate le cose insieme. “Uno per tutti e tutti per uno.”
Qui nella casa al mare di Reggio Calabria siamo 12 bambini, circa 15 adulti (c’è chi va e c’è chi viene), 1 nonna, 2 gatti, 1 cane e 1 neonata in arrivo. Grazie maestro Vonnegut, perché sei andato completamente controcorrente (nessuno parla più di famiglia allargata) e mi hai spalancato gli occhi su una cosa che sapevo da tanto ma che adesso mi sembra proprio una cosa semplice e colorata come quel gelato in copertina: se l’estate è stare insieme, allora qui ho buone probabilità di diventare sempre più felice.
Vi auguro con tutto il cuore che possiate diventarlo anche voi.
Buone vacanze!
PS: se non avete modo di entrare subito a far parte di una famiglia allargata, Vonnegut consiglia di unirsi agli Hell’s Angels e io mi accodo senza il minimo dubbio al suo suggerimento 😉
Le proposte di viaggio bizzarre sono lezioni di danza impartite da Dio.
Kurt Vonnegut, Quando siete felici fateci caso, minimum fax 2017 (ed. ampliata), 158 pagine. Traduzione di Martina Testa.
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